Lo stress può essere definito come uno stato nel quale l’individuo si viene a trovare quando è messo di fronte a dei fattori ambientali che richiedono una modificazione nel proprio atteggiamento o modo di comportarsi.

Lo stress è una situazione che include sia eventi stressanti che risposte stressanti e sorge a seguito di richieste poste dall’ambiente che hanno bisogno di un adattamento e lo stesso adattamento può essere fonte di stress.

Un’altra fonte di stress è il conflitto, cioè quella situazione nella quale l’individuo è costretto a scegliere tra alternative contradditorie e reciprocamente escludentisi.

Due obiettivi si escludono reciprocamente quando le azioni che vengono effettuate per raggiungere un determinato scopo automaticamente escludono quelle che devono essere effettuate per raggiungere l’altro scopo.

Un conflitto può insorgere quando due motivazioni o due domande esterne all’individuo spingono la persona verso direzioni contrarie o quando una motivazione è incompatibile con una certa richiesta ambientale.

L’altra fonte di stress è la frustrazione, in sé la frustrazione è contemporaneamente sia un risultato di conflitto che la fonte di stress.

Sperimentiamo la frustrazione quando il raggiungimento di un certo obiettivo desiderato è impedito.

Subire uno stress per periodi prolungati provoca disturbi sia fisici che mentali.

Lo stress è, infatti, stato collegato a molti disturbi come l’ipertensione, alcune cardiopatie, l’ulcera, il cancro, la schizofrenia.

Lo stress fu studiato per la prima volta in modo organico da Hans Selye, studente al secondo anno di medicina, nel 1926.

Egli notò che certe reazioni fisiche erano comuni a tutti i pazienti indipendentemente dalla loro malattia. Questo gli fece ipotizzare che potesse esistere un modo comune di reagire allo stress indipendentemente dal tipo di evento stressante.

Il termine indica, quindi, la risposta non specifica dell’organismo agli stimoli. Questa reazione è stata da lui chiamata: sindrome d’adattamento generale.

Questa sindrome è stata descritta da Selye come costituita di tre fasi.

1         Una reazione d’ ALLARME,  caratterizzata  da un  certo numero di modificazioni fisiche: aumento della frequenza cardiaca,    aumento dell’attività delle ghiandole salivari, aumento della temperatura e della pressione sanguigna e tensione muscolare.

2         Stadio di RESISTENZA, nel quale vi è un recupero dell’allarme iniziale ed un  tentativo d’adattamento alla situazione nuova. I sintomi esterni spariscono e le risposte interne, come l’attività ormonale, la frequenza cardiaca e la pressione, si normalizzano. Questa apparenza di normalizzazione è ingannevole in quanto le forze fisiche e mentali dell’individuo sono convogliate nel tentativo di controllare lo stress. Se la situazione stressante continua si entra nella terza fase.

3         Stadio di ESAURIMENTO.

Quando un organismo subisce stimoli stressanti si realizzano in esso una serie di attività biologiche per cui le sue capacità di adattarsi a tali stimoli tendono a mantenere quanto più a lungo possibile le condizioni iniziali.

La capacità di mantenere costante l’ambiente interno è decisivo per la sopravvivenza degli organismi.

Per chiarire meglio questo concetto si arrivò a parlare di “omeostasi” secondo cui la dinamica dei processi fisiologici riesce, per adattarsi alle varie situazioni, a muoversi dentro un ranger tipico per i vari organismi e per le varie funzioni nel tentativo di realizzare un equilibrio adattivo.

Con lo stress, pertanto, si deve intendere uno stato di malessere periodico, adattivo, dovuto ad eccessive pressioni dell’ambiente, che, se protratto nel tempo e intensità, può portare a conseguenze patologiche. Per questo motivo, è bene ,nel caso, rivolgere lo sguardo verso  TECNICHE DI GESTIONE DELLO STRESS, atte a prevenire l’insorgenza dei fenomeni prodotti dallo stress.